Quella che state per leggere è probabilmente tra le recensioni più complesse che abbia mai scritto, perchè parlare di Final Fantasy XVI in un contesto come questo è incredibilmente delicato. Le aspettative verso il nuovo titolo della serie sono come sempre tarate verso l’alto, ma nel caso di FFXVI c’è un discorso importante attorno alla sulla “virata” verso l’action, argomento che ha fatto sì che il gioco sia già uno dei più discussi di sempre. A seconda che voi vi aspettiate un bel JRPG, un bel Final Fantasy o semplicemente un buon gioco, il giudizio complessivo di quest’opera potrebbe variare in maniera repentina, in un range che va dal “sufficiente” all’ “eccellente”. Se avete già sbirciato il voto al fondo di questa recensione sapete quale sarà il mio di giudizio, ma vi invito di cuore a leggere quanto andrò ad esaminare qui sotto, perchè è importantissimo parlare di questo Final Fantasy XVI analizzandolo e mettendolo a nudo. Perchè si, Final Fantasy XVI mi è piaciuto e anche tanto, ma per certi aspetti non quanto avrei voluto e mi sarei aspettato. I motivi non sono mai “gravi” di per se, ma sono numerosi. Tanti piccoli aspetti che non funzionano appieno e che impilati uno sopra l’altro diventano un peso importante nel giudizio complessivo, al punto di impedirgli di raggiungere una valutazione di sublimità.
Miglior FF degli ultimi anni
Chiariamoci (parola che mi sentirete usare spesso), però, perchè per me FFXVI è a conti fatti il Final Fantasy migliore (esclusi XI e XIV) mai uscito da Square Enix nell’era post FFX, quella Square Enix per intenderci. Si tratta di una produzione di altissimo livello, creata da un team di persone che sanno mettere cuore e passione nelle cose, e chi ha giocato FFXIV lo sa bene, visto che parliamo della Creative Business Division III capitanata da Naoki Yoshida, qui in veste di producer, e dal buon Hiroshi Takai.
Fin dal suo annuncio era chiaro che tutto il team aveva una visione, una visione che ha voluto portare a compimento a tutti i costi, anche andando a contro le tradizioni e la divisione dei fan: loro volevano raccontare una storia, una di quelle pensate per un pubblico adulto, per quelle persone che giocando Final Fantasy sono oggi cresciute e vogliono essere coinvolte da personaggi più maturi e tematiche più affine a loro; tematiche come la politica, la violenza, la migrazione e l’ecologia. Tutto chiaramente in un contesto High Fantasy medievale fatto di cavalieri, regni in lotta, chocobo, moguri e Eikon, ovvero le creature che negli anni abbiamo conosciuto sotto forma di summon, guardian force, eidolons, eoni e cosi via. Mai una volta FFXVI si dimentica di essere un Final Fantasy, continuando a omaggiare il brand in ogni momento, ora con un mostro, ora con una musica, ora con una citazione o una tematica narrativa, come quella dei cristalli. I cristalli qui sono forse addirittura il messaggio più forte che traspare dal gioco, perchè parla direttamente ai giocatori cresciuti con i primi FF. “L’eredità dei cristalli ha plasmato la nostra storia troppo a lungo” diceva il primo trailer del gioco, una frase che vale più di mille parole, per quel che mi riguarda.
Non c’è solo Clive
Se avete giocato la demo, in combo con tutti i trailer mostrati fino ad ora, potrete pensare di esservi fatti un’idea su quello che può essere il filone principale della storia e dei suoi vari risvolti narrativi. In realtà, diceva giusto Yoshida in un’intervista, “non avete visto ancora nulla“. Questo perchè sì, non avete visto nulla, ma anche perchè quello che effettivamente avete visto è stato volutamente montato ad arte per farvi “credere delle cose”. La storia di Clive, il protagonista, non è una storia di vendetta, ma una storia di redenzione, di amore, di famiglia e di sopravvivenza. Non sarebbe neanche corretto parlare di “storia di Clive” perchè, sebbene sia vero che lui è il solo personaggio giocabile e che noi si vive la trama attraverso i suoi occhi, quella di FFXVI è una narrativa corale nella quale viene dato un grandissimo valore non solo ai comprimari, ma anche ai personaggi secondari.
Prendete ad esempio i Dominanti, coloro che sono in grado di trasformarsi in Eikon: ognuno di loro rappresenta una sorta di “tappa” durante l’avventura di Clive e ciascuno di essi avrà un suo ciclo narrativo che inizia e si conclude dando dignità a quel personaggio, raccontando il suo passato, le sue motivazioni e le sue ambizioni. Imparerete ad amarli tutti, nel bene o nel male. Uno di questi è anche omosessuale, conscio che non lo dovrei neanche dire perchè poi passerebbe il discorso della strumentalizzazione. Ne parlo però perchè considerando che si sta trattando un’opera di stampo giapponese e che rappresenta una prima volta in assoluto all’interno della serie, mi sembrava importante enfatizzare come un personaggio LGBTQ+ sia stato così ben inserito, contestualizzato e scritto da non risultare forzato solo per mera questione di inclusività e propaganda. Non a caso, è uno dei miei personaggi preferiti in assoluto.
Menzione d’onore a Cid, il dominante di Ramuh, e al peso che viene dato al suo nome, una sorta di meta narrativa che ho infinitamente apprezzato.
Il rapporto tra i personaggi
Un altra cosa che ho adorato è il rapporto che hanno i vari personaggi tra di loro, ma questo già si evinceva nella demo che anche voi avete avuto modo di provare. La costruzione di questi rapporti è lenta, ma concretamente tangibile a schermo: basti pensare a Clive e Jill, la cui complicità va ben oltre la classica storia d’amore vista nei precedenti capitoli della serie; non è mai banale, ci mette il suo tempo ad evolversi, ma si percepisce lo sviluppo attraverso sguardi, strette di mano, abbracci. C’è tanto contatto fisico in questo rapporto, assolutamente non scontato per un’opera giapponese. Mi ero complimentato per un aspetto simile già in FFVII Remake, ma qui chiaramente siamo proprio su un altro livello e si vede che è pensato per avvicinarsi ad un pubblico occidentale.
Parlando di rapporti, una sorta di magia è stata fatta con i personaggi secondari che troveremo nel rifugio di Cid. Anche qui, senza fare spoiler, vi posso solo dire che il rifugio di Cid è una sorta di hub al quale tornerete spesso per raccogliere quest secondarie, fare rifornimenti e migliorare l’equipaggiamento. Vi interfaccerete spesso con personaggi che inizialmente risulteranno insipidi e anonimi, ma che nel corso della vostra avventura finirete inevitabilmente per affezionarvi, tanto da arrivare a volere loro “bene”. Ho detto magia, sì, perchè non so davvero come siano riusciti a fare questo.
Narrativa e ritmo
Tutto l’impianto narrativo di FFXVI è a dir poco strepitoso ed è indubbiamente l’aspetto del gioco meglio riuscito. Non parlo solo dell’intreccio di per sé, ma anche di tutto quello che compone la storia e di come viene raccontata, quindi scrittura, regia, recitazione e caratterizzazione dei personaggi. Il lavoro svolto è maniacale e la giostra messa in piedi dal team di sviluppo è semplicemente fuori scala. Una sequenza ininterrotta di sali e scendi che ti tiene incollato e non ti fa staccare. L’unico neo, a mio avviso, è che il ritmo della storia è figlia di un’impostazione già vista in FFXIV. In pratica, in certi momenti, per allungare il brodo e per farti prendere dimestichezza con le nuove aree e i nuovi regni di gioco, si tende a smorzare il tutto con quest principali, molto banali e forse anche un po’ noiosette, nelle quali sei costretto a fare avanti e indietro per motivi anche piuttosto futili solo per, essenzialmente, perdere tempo. Va però detto che, sebbene siano momenti un po’ “sofferti”, sul lungo periodo si dimostreranno avere un’importante valenza sul piano del world building e di alcune sotto trame che andranno a risolversi verso il finale.
Missioni secondarie
Parlando di sotto trame arriviamo a un altro problema di questo FFXVI, le missioni secondarie: queste non sono mai interessanti e i compiti che ti vengono richiesti sono sempre stupidi e, generalmente, delle pure perdite di tempo. Si tratta di un aspetto che, ammetto, mi ha particolarmente deluso, perchè Yoshida in alcune interviste sembrava quasi vantarsi di come avessero curato le secondarie con lo stesso tatto di quelle principali, ma così non mi è sembrato: alcune di esse in effetti provano a raccontarti qualcosa, ma alla fine l’unica cosa a cui ambisci sono le ricompense che ne derivano. Fortunatamente nell’ultimo quarto di gioco le secondarie prendono una piega differente e iniziano ad avere un peso tangibile nell’economia narrativa dei regni che compongono Valisthea. Chiariamoci, non parliamo di chissà quale salto di qualità, ma sicuramente l’ultimo ciclo di queste missioni opzionali ha dei risvolti interessanti e serve a dare un epilogo a storie o personaggi che nel finale non ti sarebbero state raccontate.
World building, Cronistoria e ATR
Visto che l’ho citato, parliamo anche di questo “world building” o, per i meno anglofoni, di questa costruzione del mondo. Quello di Valisthea è un ambiente coerente e dettagliato, comprensivo di luoghi, personaggi, culture, storie, regole e sistemi ad hoc per creare una realtà credibile e coinvolgente. Il lavoro svolto sulla geografia, il clima, la politica, l’economia, la religione, le tradizioni sociali è così ben realizzato che è stato necessario creare ben due NPC che permettano al giocatore di avere, nel caso di Harpocrates, una sorta di enciclopedia sottomano con la quale interfacciarsi, mentre nel caso di Vivian avere accesso alla situazione politica e alla cronistoria sempre aggiornata.
Oltre a questo esiste anche la possibilità di mettere in pausa durante un filmato per accedere a tutti gli elementi narrativi di trama coinvolti in quella scena, così che se non si sa o non ci si ricorda di qualche cosa, è possibile avere un aiuto per comprendere meglio il contesto di ciò che sta avvenendo a schermo.
JRPG o non JRPG
Prima di entrare nel vivo del discorso gameplay e dell’annosa questione del combattimento action, vorrei prima affrontare la componente RPG o JRPG (dipende che valore date a quella J) del titolo. Onde evitare di dilungarmi su cosa sia un (J)RPG e cosa lo caratterizzi (non è questo il contesto) mi limiterò a usare come riferimento quelle componenti basilari che hanno definito negli anni la serie di Final Fantasy, da sempre diventata simbolo del gioco di ruolo giapponese, nonchè promotrice del genere in occidente grazie al celebre settimo capitolo. Queste componenti (volutamente limitate e circoscritte) possono essere così distinte: parametri, equipaggiamento, crescita e sviluppo dei personaggi. Tutte queste cose ci sono in Final Fantasy XVI, quanto basta per poterlo registrare nel cosiddetto genere degli Action RPG, ma la realtà dei fatti è che si tratta di uno specchio per le allodole: quegli elementi sono palesemente lì per dire “si, FFXVI è ancora un JRPG”, ma a conti fatti non hanno valenza e sono profondamente fini a sé stessi. I parametri, pur aumentando attraverso accessori e level up, non hanno un’efficacia concreta nei combattimenti e ve ne accorgerete presto provando a scontrarvi con nemici di livello inferiore. Inoltre gli accessori vertono di più sull’efficacia delle abilità eikoniche, invece che su quelle dei parametri (che si limitano ad attacco, difesa e PV). Stesso discorso vale per lo sviluppo e la crescita di Clive, basato sull’apprendimento ed evoluzione delle abilità degli Eikon attraverso i punti abilità.
Vogliamo parlare dei danni elementali? In un gioco dove gli elementi degli Eikon sono centrali a livello di narrazione questi dovrebbero esserci, giusto? Sbagliato. Non vi è nulla di tutto questo, così come è assente una meccanica legata agli status alterati. Vi ricordate gli incubi derivati da un alito fetido di Molboro? In FFXVI l’alito fetido di Molboro è solo un attacco che fa danno come tanti altri, tanto che potete esserne colpiti senza subire conseguenze legate appunto allo status.
Tutto verte sulle abilità e su come il giocatore le utilizza: manipolare i parametri con i numeri è un’operazione che non porta vantaggi e che rende di fatto tutta la componente ruolistica fine a sé stessa. E sia chiaro, essendo un gioco votato all’azione è giusto che sia così, solo non sperate che portando Clive a livello massimo (50) con l’arma finale possiate ridurre tutto a colabrodo a suon di 9999 danni perchè non è così che è stato pensato FFXVI.
Esplorare senza soddisfazione
Se però volessimo andare oltre la semplice questione dei numeri ed espandere uno di quegli aspetti che piacciono tanto ai giocatori di JRPG, allora penso sia arrivato il tempo di parlare dell’esplorazione. Non posso negarlo, questo è forse stato l’aspetto che più mi ha colpito in senso negativo di tutta l’esperienza di gioco: questo alterna i cosiddetti stage o, se vogliamo, dungeon con aree molto più aperte e libere. I primi sono molto lineari e fanno da sfondo ai momenti più incisivi e importanti a livello narrativo. Le mappe aperte invece servono a costruire un’impianto di gioco molto più simile a quello di un RPG open world, sebbene notevolmente limitato da spazi più piccoli e concentrati che si espandono poco a poco progredendo con la storia.
Che siano stage o mappe aperte, esplorare ogni singolo anfratto di quelle aree non porta quasi mai a nulla, se non per qualche opzione, guil o componente per il crafting, tutte risorse peraltro procedurali che ritornano una volta ricaricata l’area attraverso i viaggi rapidi. Esistono dei rarissimi scrigni del tesoro, i cui contenuti cambiano a seconda della qualità dello scrigno stesso, ma quando parlo di rarità mi riferisco davvero a un numero inferiore alle dita di una mano. Il contenuto di questi scrigni tendenzialmente riguarda un accessorio pensato per una specifica abilità eikonica o al massimo qualche spada, bracciale o cintura di buona fattura ma che sostituirete da li a poco.
A questo manca poi la totale interazione con l’ambiente di gioco, tanto che nemmeno le casse di legno si possono spaccare. In toto, tutto è sicuramente bello da vedere, ma completamente statico al di fuori degli NPC che comunque non si muovono più di tanto, rimanendo sempre sul posto a dirvi sempre le solite cose (fortunatamente mai banali).
Insomma, manca completamente la soddisfazione di trovarsi in un vicolo cieco con qualche segreto, sfida extra o tesoro capace di ricompensare la voglia di esplorare. Si, è vero, esplorare aiuta comunque a salire di livello e a ottenere punti abilità da usare per espandere le abilità di Clive, ma non è questo che spinge chi gioca a raggiungere ogni singola estremità di una mappa.
Ma i chocobo?
Ad un certo punto del gioco è possibile ottenere il proprio Chocobo di fiducia, Ambrosia, un bellissimo pennuto bianco con tanto di banda sull’occhio per renderlo ancora più carismatico. Il problema di Ambrosia, purtroppo, è che serve a poco o nulla, e non restituisce un buon feedback mentre lo si monta, soprattutto nel gestire le frenate e le curve. Volendo è possibile combattere in sella al proprio Chocobo, ma anche qui l’efficacia è pressocché ridotta allo zero. Non sperate quindi di usare Ambrosia per scoprire segreti e raggiungere zone impossibili. La verità è che preferirete sempre affidarvi al viaggio rapido e alla corsa veloce di Clive (che si attiva secondo logiche ancora non ben chiare).
E il party?
Ormai lo dovreste sapere, ma in caso contrario lo ripeto per tutti: in FFXVI non esiste un vero e proprio concetto di Party in quanto Clive è l’unico personaggio fisso giocabile durante tutta l’avventura. In compenso però Clive non sarà quasi mai solo, ma sarà sempre accompagnato da uno o due personaggi, che cambiano di volta in volta a seconda di quello che accade nella storia. Questi personaggi sono mossi dall’intelligenza artificiale di gioco che, diciamocelo, di intelligente non ha proprio tantissimo e, fidatevi, è meglio cosi. Questi accompagnatori infatti sono spesso fortissimi e sono capaci di eliminare i nemici con pochi colpi, ergo se fossero più attivi non lascerebbero nulla da fare a Clive.
L’unico, se vogliamo, membro del party attivo e in parte controllabile dal giocatore è Torgal, il fedele lupo del protagonista. Torgal al contrario di tutti gli altri personaggi non solo può partecipare attivamente alle battaglie attraverso i comandi dei tasti direzionali, ma è anche l’unico che ha una sorta di evoluzione e progressione dei suoi attacchi man mano che la storia avanza. Non solo, scoprirete anche che Torgal è uno strumento di supporto ai danni essenziale in alcuni tecnicismi di combo che lo vedono necessario per lanciare i nemici in aria, sbatterli a terra o per tenerli occupati.
Stylish rotation
Visto che abbiamo parlato di tecnicismi, parliamo ordunque di questo annoso problema del combattimento action “alla Devil May Cry”. Un non problema, per quanto mi riguarda, visto che è uno degli altri aspetti meglio riusciti del gioco. Su Gamesource ho già parlato più volte di questo sistema di combattimento e di come funzioni, ma per chi arriva qui per la prima volta è giusto farne un piccolo recap, invitando poi a giocarsi quanto meno la demo per farsi un’idea più chiara e precisa.
Quando si accosta il combattimento di FFXVI a quello di Devil May Cry non si fa per forza di cose un errore, perchè in termini estetici e di feeling, pad alla mano, la sensazione di giocare a un capitolo della saga Capcom è davvero tangibile. D’altronde con uno come Ryota Suzuki, responsabile del combattimento di Devil May Cry 5, era inevitabile.
Giocandolo però noterete sin da subito il diverso tipo di approccio che ha il gioco rispetto a un DMC, in quanto quello di FFXVI si basa fondamentalmente su una rotation di abilità in cooldown (ovvero che si ricaricano con il tempo) in combinazione con una serie di mosse e azioni base che Clive può compiere a prescindere. Queste abilità in cooldown sono le mosse Eikon, dato che il nostro protagonista ha il potere di assorbirle dagli altri dominanti.
Clive può equipaggiare tre Eikon alla volta e per ciascuno di essi settare due abilità. Tecnicamente, una volta padroneggiata un’abilità dal menu apposito (spendendo i classici PA) questa può essere assegnata anche ad altri Eikon, permettendovi di sperimentare l’impossibile e creare la build più adatta al vostro stile di gioco. Questo è possibile in quanto ogni Eikon ha uno stile di gioco abbastanza diverso. Titan, ad esempio, si basa molto sul contrattacco e sugli attacchi che fanno danno, Garuda invece può usare gli artigli per attirare i nemici più piccoli o saltare sopra quelli più grossi, oltre a fare un danno mostruoso alla barra della volontà, quella che una volta esaurita permette di stordire i nemici per fare, appunto, più danno grazie a un moltiplicatore che sale man mano che li si colpiscono.
Sembra tutto molto figo sulla carta e in parte lo è davvero perchè il combattimento funziona, diverte ed è incredibilmente fluido e dinamico, ma il problema è la lentezza con cui otterrete i vari Eikon, soprattutto i primi tre. Passerete tante ore prima di ottenere il secondo eikon e altrettante prima del terzo, restando in balia di quelle 2-4 mosse eikoniche per un sacco di tempo e limitandovi alle solite rotazioni. Si corre inoltre il rischio che dal quarto Eikon in poi alcuni di voi non vogliano iniziare a sperimentarne di nuovi per paura di trovarsi spaesati con gli stili di gioco che i nuovi poteri introducono.
Un consiglio che vi do, di cuore, è quello di non farlo. Sperimentate. Trovate il vostro ritmo e adattate il vostro modo di giocare con quello che i vari Eikon vi offrono e vedrete che gioirete.
I tecnicismi non mancano
Non dimentichiamo inoltre che all’interno del moveset base di Clive (che vi consiglio di espandere sin da subito) si trovano dei tecnicismi tipici del genere Stylish da non sottovalutare e che, se imparati, potrebbero garantire un’ulteriore varietà al vostro stile di gioco. Molte mosse infatti sono dei cancel, ergo possono cancellare l’animazione di quello che state eseguendo per allungare le combo o applicare delle mosse evasive o difensive. Usate molto il balzo sui nemici (il cosiddetto enemy step) dopo una combo area per eseguirne una nuova. Usate tantissimo le esplosioni magiche, ovvero l’alternanza tra attacco e magie eseguite con il giusto tempismo per creare delle combinazioni più lunghe e più forti, per non dimenticare poi gli attacchi caricati (sia fisici e magici) da usare nei momenti più opportuni. Gli attacchi caricati poi hanno delle caratteristiche peculiari: quello fisico, per esempio, se usato in volo vi permette di lanciare i nemici in aria, mentre quello magico vi fa fare una schivata all’indietro attivando una breve finestra in cui siete invincibili (iframe). Insomma, FFXVI è pieno di queste chicche per i giocatori più skillati e se volete coglierli tutti c’è pure una sala di allenamento dove padroneggiare al massimo queste tecniche.
Sto gioco s’ha da finire
Se però tutto questo tecnicismo vi spaventa perchè non siete dei giocatori avvezzi al genere, non vi preoccupate. Il gioco vi da a disposizione degli accessori, 5 per l’esattezza, con cui compensare le vostre lacune. Non sapete schivare? C’è un accessorio che lo fa per voi. Non sapete fare le combo? C’è un accessorio che lo fa per voi. Non volete preoccuparvi delle cure o di usare Torgal? C’è un accessorio che lo fa per voi.
In generale non vi preoccupate, perchè il gioco è pensato per essere alla portata di tutti ed è stato realizzato per essere finito da chiunque alla prima partita, questo perchè è volontà degli stessi sviluppatori che voi portiate a termine il gioco e vi godiate la storia dall’inizio alla fine.
Chiariamoci, non vorrei che passasse il messaggio che il gioco è tarato così tanto verso il basso che si finisce da solo, o, peggio ancora, dar ragione a chi dice che il gioco è un semplice button mashing, perchè così non è. Le boss battle di per sé sono un contenuto di altissimo valore, che mette il giocatore nelle condizioni di dover schivare tanto, stare attenti al posizionamento e imparare il cambio di moveset dei mostri tra un cambio di fase e l’altro. Non li ritengo scontri particolarmente difficili, ma sicuramente equilibrati e che non vanno presi sotto gamba.
Discorso diverso per i famigerati scontri “Eikon vs Eikon”, uno dei pilastri di questo FFXVI e che rappresentano la punta di diamante di quest’opera per quanto concerne la messa in scena. Clive, sotto forma di Ifrit, dovrà affrontare per un motivo e per un altro quasi tutti gli altri Eikon in alcune delle più spettacolari boss battle mai viste in un videogioco. Sono battaglie abbastanza semplici, ma l’epicità di questi scontri è senza pari. Questa semplicità viene compensata dalle meccaniche degli scontri stessi, elemento che cambia sempre e non risulta mai veramente uguale a sè stesso. Se il primo scontro con Garuda risulta lento e molto fisico, quello con Titan ad esempio è su un altro livello, così come lo scontro con Bahamut od Odino. E se avete giocato la demo, avete visto anche un assaggio di alcune battaglie “extra” sul fronte Eikon.
Per chi cerca la sfida: endgame
Esistono però dei contenuti sicuramente più sfidanti per chi cerca un po’ di difficoltà e questi si basano principalmente su tre aspetti che vanno a identificare quello che viene chiamato in gergo l’Endgame, ovvero le cacce, i cronoliti e la modalità Final Fantasy.
Le cacce sono banalmente un qualcosa che abbiamo già visto in passato su Final Fantasy, pensate ad esempio a FFXII o FFXIV. Banalmente da una bacheca ottenete delle informazioni su dove trovare questi mostri particolari e poi dovrete andarli a cercare e sconfiggere. Nulla di più semplice. I mostri vanno dal rank C al rank S e sebbene i primi siano alla portata di tutti, quelli S sono davvero il fiore all’occhiello delle battaglie di FFXVI. Esattamente come i boss che affronterete nella storia, i mostri di questo rank sono dotati di meccaniche spesso uniche che vi chiederanno davvero di fare attenzione sul come e quando attaccare. Uno in particolare mi ha ricordato addirittura uno scontro Extreme di FFXIV. In ogni caso, neanche a dirvelo, se nel tempo avete imparato a padroneggiare il sistema di combattimento, anche le cacce S non saranno un problema.
Abbiamo poi i cronoliti, che sono dei monoliti che si attivano verso la fine del gioco a fronte di un particolare evento di trama. Queste sfide sono composte da 4 fasi nelle quali dovrete sconfiggere ondate di mostri con un solo Eikon e due sole abilità preimpostate dalla sfida stessa. Queste sfide servono a mettere alla prova la vostra abilità di apprendimento di un Eikon e, se non vi siete allenati abbastanza, le prime volte sarete in difficoltà, visto che qui entra il gioco anche il fattore tempo. Avrete un tot di secondi per completare le sfide e usando specifiche mosse potete accumulare secondi preziosi per allungare la vostra permanenza tra una fase e l’altra. Inoltre non vi potete curare in alcun modo al netto di alcune abilità speciali (vedi la ultimate di Fenice) o della Trascendenza (in originale Limit Break). La trascendenza infatti, oltre che darvi più velocità e forza, vi permette di avere un regen dei PV costante per tutta la durata di questo stato.
Infine c’è la modalità Final Fantasy che altro non è che un New Game Plus in cui il level cap si alza, i mostri sono più difficili da battere e inoltre cambia completamente il posizionamento di alcuni nemici rispetto la prima partita. Potreste quindi già trovare dei nemici fortissimi nelle prime battute di gioco. Anche qui, se siete diventati degli abili giocatori, non dovreste trovare particolari difficoltà, a patto di avere un po’ più di pazienza e di mantenere sempre alta la concentrazione.
Volendo esiste anche la modalità Arcade che vi permette di rigiocare tutti gli stage principali con livello, equipaggiamento e eikon prefissati, ma con l’aggiunta di un punteggio che calcola le vostra performance in base alle azioni che eseguite. Alla fine di ogni stage vi verrà data una valutazione da C a S con cui competere in una leaderboard condivisa con i giocatori di tutto il mondo. Quella del punteggio è una cosa che avrei gradito poter attivare anche nell’avventura principale (cosa comunque fattibile nel new game plus).
Non aspettatevi dunque dungeon nascosti, Omega Weapon, boss super segreti, perchè non vi è nulla di tutto questo.
Solo su PS5
Fin dai primi trailer e le prime interviste il team di Yoshida ha tenuto a ribadire come questo gioco esista grazie al supporto di Sony e alle caratteristiche hardware di PS5, motivo per cui per 6 mesi sarà esclusiva dell’azienda giapponese. Una versione PC è prevista tra circa un anno, idealmente, ma al momento è interesse sia di Sony che di Square Enix sottolineare questa collaborazione al meglio.
Sicuramente alcune feature di PS5 vengono sfruttate, come il tanto discusso SSD per velocizzare i caricamenti, facilitando le transizioni e i viaggi rapidi. Idem per l’audio 3D e lo sfruttamento dei trigger adattivi e il feedback aptico del dualsense, che per quanto mi riguarda raramente riescono a risultare efficaci al di fuori dei filmati. Detto questo il gioco mi sembrava sempre e solo bello, mai eccelso e mai con quel salto di qualità che forse ci si poteva aspettare. Non vedetela come una critica forte o come un aspetto negativo, è solo che questo continuo reiterare “solo grazie a PS5” non mi ha mai convinto più di tanto e sembra davvero una marchettata a Sony. Ribadisco, il gioco ha una resa estetica bellissima e che lascia a più riprese sbalorditi, per lo più nei combattimenti, grazie all’effettistica, i giochi di luce e ai particellari (spesso cosi abusati da creare qualche confusione a schermo) e nei filmati. Ottimi i modelli poligonali dei personaggi principali, le animazioni e alcune espressioni facciali, ma per il resto non c’è nulla che in questa generazione non si sia già visto o che qualcun’altro non abbia già “fatto meglio”.
Non ho parlato di framerate e modalità grafica/prestazioni perchè mentre sto scrivendo questa recensione, Square Enix ha annunciato l’arrivo di una patch day one che dovrebbe migliorare la situazione. Mi premerò di verificare e aggiornare questo testo per avere un giudizio più concreto in merito una volta testato con mano, perchè fino ad oggi la situazione era abbastanza discutibile. Infatti, per trasparenza, è giusto che sappiate che la mia prova in modalità prestazioni garantiva un framerate fisso a 60 fps solo durante i combattimenti, mentre le fasi esplorative soffrivano, inspiegabilmente, di evidenti cali.
Dalla musica al doppiaggio
Prima di andare in chiusura, vorrei fare qualche appunto sulla colonna sonora e sul doppiaggio in generale. Durante le mie precedenti prove del gioco ho sempre elogiato la fantastica colonna sonora di Soken che in questo contesto secondo me ha raggiunto dei picchi di eccellenza incredibili. Soprattutto i brani con i cori sono quelli che fanno più accapponare la pelle e che enfatizzano alcune scene e alcuni scontri in maniera semplicemente sensazionale. Soken inoltre fa un eccellente uso di alcuni riarrangiamenti di brani storici della serie, in particolare quello del cristallo e il tema principale di FF. Nostalgia a gogò, insomma. L’unico problema è che forse c’è un eccessivo abuso e riciclo di questi brani, o comunque di brani in generale. Non vuole essere una critica, è solo che considerando il suo lavoro su FFXIV era lecito pensare che ogni dominante e ogni scontro con ciascun Eikon avrebbe avuto il suo tema dedicato, ma cosi non è stato. Ci sono ovviamente delle eccezioni, ascoltatevi infatti il tema di Titan che è incredibile. Un po’ un peccato, ma considerato la lotta contro il cancro e i lavori su FFXIV, forse è giusto che si sia un po’ frenato in termini quantitativi. La qualità, invece, è indiscutibile.
Sul fronte del doppiaggio, invece, inizio a fare un mea culpa per i primi feedback negativi che ho dato dopo la mia prima prova a Londra. Rigiocando il gioco in italiano mi sono accorto che, al netto di una manciata di voci che stonano completamente con i personaggi, in generale il doppiaggio mi è sembrato molto buono e questo mi rende particolarmente felice. Continuo ovviamente a preferire il giapponese e l’inglese, soprattutto quest’ultimo, perchè raggiungono dei livelli che secondo me sono davvero molto elevati e capaci di dare risalto alle emozioni dei personaggi.
Va fatto un discorso diverso parlando della localizzazione dei testi. Che ne dica il buon Koji Fox (responsabile della localizzazione) e nonostante il lavoro di continuo passaggio degli script per adattare inglese e giapponese contemporaneamente, la realtà dei fatti è che inglese (su cui si basa il testo italiano) e quello giapponese viaggiano su due binari completamente diversi. Sia ben chiaro: non sto dicendo che uno è migliore dell’altro, ma resta un dato di fatto che i personaggi dicano cose completamente diverse che alterano la caratterizzazione e il mood di alcune scene. Alcune volte fa meglio l’inglese (che si prende più liberta nell’essere più colorato e poetico) e a volte fa meglio in giapponese (diretto e concreto).
Quindi, sto FFXVI, ce la fa?
Se avete letto tutto fino a qui, innanzitutto grazie. In seconda battuta avrete notato come sono stato piuttosto critico su molti degli aspetti che compongono questo Final Fantasy XVI, eppure il gioco, nella sua totalità e al netto di tutti i difetti, mi è piaciuto, eppure tanto. Non ho problemi a ribadire come per me sia stato a conti fatti uno dei migliori Final Fantasy post Squaresoft, al netto sempre dei capitoli online. Questo 8.9 che vedete qui in fondo però è simbolico di un gioco che ci prova ma non ce la fa a raggiungere l’eccellenza. I difetti che colpiscono il titolo non sono mai particolarmente grossi o gravosi sull’esperienza nel complesso, ma sono tanti e una volta accomulati tutti insieme il peso che ha nel giudizio non può essere ignorato.
Lungo le 70 e passa ore (purtroppo non c’è un timer che ti calcola l’ora di gioco, quindi prendete questo dato come indicativo) che ho passato finendo il gioco al 100% (al netto della modalità Final Fantasy che sto completando in questi giorni), ho sempre avuto la voglia di giocare e di sapere come continuava la storia, ma allo stesso tempo percepivo un sentimento che non me lo faceva godere appieno e che ho maturato solo in fase di stesura della recensione che state leggendo ora.
Sarà molto probabile che a seconda di quelle che erano le vostre aspettative e quelli che sono i vostri gusti in fatto di FF e JRPG, questa mia votazione possa non trovare riscontro né in senso positivo né in senso negativo. Mi aspetto infatti che ora più che mai questo FFXVI spaccherà completamente la community, tra chi lo amerà, chi lo odierà e chi lo troverà semplicemente solo “buono”. Sarò curioso di assistere ai vostri feedback e a cosa vi lascerà questo gioco, perchè si, che lo vogliate o meno, qualcosa vi lascerà e so che in qualche modo gli vorrete comunque bene.
Una delle recensioni più lunghe che abbia mai scritto eppure mi sembra di non aver detto ancora nulla. C’è tanto da dire su FFXVI e tanto da discutere, specialmente quando la gente poco per volta inizierà a finirlo (o addirittura abbandonarlo).FFXVI non è un gioco facile da giudicare, perchè nasconde dentro di se anime diverse e che assumono forme diverse a seconda di chi lo gioca e di quelle che sono le sue aspettative.
Ormai è chiaro che ognuno di noi ha una concezione diversa di cosa sia un Final Fantasy, io posso limitarvi a dare la mia visione e per tanto vi dico che un capitolo numerato cosi non lo vedevamo da oltre 20 anni (escludendo come sempre XI e XIV).Al netto dei numerosi difetti che esistono e si sentono in questa produzione, è chiara la volontà di Yoshida e di tutto il team della CBU III di aver voluto portare a compimento un progetto sapendo cosa stavano facendo e cosa avrebbero affrontato. Per me il risultato è da lodare con un bel chapeau.
Non è l’eccellenza che avrei sperato, ma gli si avvicina parecchio e di sicuro resta una di quelle storie che mi porterò nel cuore per anni, cosi come i suoi meravigliosi personaggi.
Godetevi questo bel viaggio.
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