Final Fantasy Tactics The Ivalice Chronicles – Recensione
Final Fantasy Tactics è ancora oggi ricordato come uno degli spin-off più amati della saga. E non potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta di un titolo capace di lasciare un segno profondo in una generazione di giocatori, nonostante sia arrivato sugli scaffali solo pochi mesi dopo l’uscita di Final Fantasy VII, il gioco che ha rivoluzionato l’industria videoludica.
Lo dico subito: la nuova edizione denominata The Ivalice Chronicles, in arrivo su PS4, PS5, Xbox Series X|S e PC, conserva tutta la qualità che ha reso Final Fantasy Tactics memorabile e ha saputo superare brillantemente la prova del tempo. Senza dubbio rappresenta la versione ideale sia per chi si avvicina al gioco per la prima volta sia per i veterani desiderosi di riscoprirlo, sebbene non manchino critiche e perplessità su questa operazione.
Partiamo da un fatto ormai noto: il codice sorgente del Final Fantasy Tactics originale era andato perduto. Per ricostruirlo fedelmente in ogni dettaglio, Square Enix ha richiamato molti dei professionisti che avevano lavorato al progetto del 1997. Tra questi spiccano Kazutoyo Maehiro, oggi Director di The Ivalice Chronicles ma all’epoca Events Planner, Hiroshi Minagawa, che torna nel ruolo di Art Director per preservare lo stile visivo che ha reso unico il titolo, e infine Yasumi Matsuno, prima autore e ora supervisore creativo di questa nuova edizione. La loro missione di restituire ai giocatori la versione più fedele possibile all’originale si è rivelata, secondo me, l’occasione mancata di questa operazione denominata The Ivalice Chronicles.
Il team aveva tra le mani l’opportunità di ricostruire il gioco da zero e, nel farlo, avrebbe potuto migliorarlo in alcuni aspetti tecnici e di gameplay che meritavano di essere aggiornati, senza però intaccarne l’esperienza originale. Non sto parlando della necessità di optare per un remake piuttosto che per una remaster (per quanto The Ivalice Chronicles non rientri pienamente neanche in questa definizione), ma della possibilità di dare nuova linfa vitale al titolo, rendendo alcuni elementi più adatti agli standard moderni. Voglio essere più concreto e farvi qualche esempio.
Final Fantasy Tactics prevedeva battaglie in arene molto contenute con la gestione di poche unità, massimo cinque. Non sarebbe stato legittimo auspicare arene più grandi e un numero maggiore di unità? Anche una sola in più, quindi sei, avrebbe fatto la differenza. D’altronde la modalità Rendezvous (assente qui) della versione PSP, War of the Lions, consentiva a due giocatori di mettere in campo da sei a otto unità (tre o quattro ciascuno), dimostrando che era possibile.
Vogliamo parlare dell’IA? Tralasciando quella nemica, che sa essere sorprendentemente furba e spietata in certe situazioni, quella alleata è completamente inadeguata oggi come nel 1997. Davvero, se non avete mai giocato a Final Fantasy Tactics, per l’amor del cielo non usate mai l’autobattle: le unità compiono azioni prive di qualsiasi logica. È assurdo, considerando che Square Enix aveva già buoni esempi in casa sul fronte dell’IA, soprattutto in titoli affini. Mi riferisco al gacha War of the Visions: Brave Exvius. Anche lì l’autoplay era sconsigliato nelle battaglie più difficili, ma almeno in quelle medio-facili risultava efficace.
Un altro punto su cui si poteva intervenire è il contenuto secondario, che merita un discorso a parte. Se non avete mai affrontato Final Fantasy Tactics, sappiate che il gioco offre essenzialmente tre contenuti extra al di fuori delle missioni principali: le spedizioni (un tempo Propositions, ora Errands), le quest secondarie per reclutare personaggi extra e il Midlight’s Deep (meglio noto come Deep Dungeon). Le spedizioni prevedono l’invio di tre unità (secondarie, non di trama), che ritornano dopo un certo tempo portando oggetti collezionabili o punti JP, un buon metodo per accumularli senza impegno. Dico senza impegno perché ora è possibile fuggire dalle battaglie casuali: basta muoversi liberamente sulla mappa e tornare dopo il tempo richiesto per ottenere il premio. Una dinamica remunerativa ma piuttosto noiosa.
Le missioni per reclutare i personaggi opzionali, tra cui Cloud di Final Fantasy VII, restano scollegate dalla trama principale e si riducono a filmati e scontri mirati all’ottenimento del personaggio. Considerando che i personaggi sono solo quattro (cinque includendo Byblos dal Deep Dungeon), pesa l’assenza di Balthier da FFXII e Luso da Final Fantasy Tactics Advance 2, presenti nella versione War of the Lions. Comprendo che la loro inclusione fosse legata all’uscita dei rispettivi titoli, ma se l’intenzione era rimuoverli sarebbe stato auspicabile introdurre almeno qualche nuova aggiunta. Clive di Final Fantasy XVI, ad esempio, si sarebbe integrato alla perfezione nel contesto di Ivalice. Lo stesso discorso vale per le classi Dark Knight e Onion Knight: va bene rimuoverle, ma perché non cogliere l’occasione per inserire almeno una classe inedita?
Sul Deep Dungeon invece non ho critiche: rimane l’unica attività “endgame” del titolo, comunque piacevole e utile per ottenere equipaggiamenti unici.
Un’altra attività molto amata dai completisti è quella di portare i personaggi al livello massimo, sbloccare tutte le classi e portarle anch’esse al limite. Un impegno che richiede moltissimo tempo. Non sto dicendo che fosse necessario accelerare questo processo (esistono già bonus DLC per chi ha preordinato il gioco), ma si sarebbe potuta introdurre una meccanica per far salire di livello anche i personaggi non utilizzati nelle battaglie. Sarebbe stato utile soprattutto perché i mostri hanno un livello calcolato come media del party, e usare un personaggio troppo debole significa rischiare di renderlo inutile in combattimento, costringendo a sessioni dedicate per allinearlo agli altri.
Che dite, mi sto lamentando troppo? Forse sì, perché le mie critiche derivano per lo più da aspettative disattese. Ma c’è un motivo per cui insisto: The Ivalice Chronicles include già una versione Classic che ricalca fedelmente l’originale del 1997 per PlayStation. Perché, allora, non approfittare della versione Enhanced, che aggiunge varie novità, per arricchirla ancora di più? Detto ciò, basta parlare di ciò che manca e passiamo a quello che c’è.
La prima cosa che mi ha colpito è l’inserimento del doppiaggio, un elemento che vorrei vedere più spesso nelle riedizioni e rimasterizzazioni di titoli storici. The Ivalice Chronicles vanta due doppiaggi, giapponese e inglese, entrambi con attori di altissimo livello. In combinazione con il nuovo script riveduto e corretto (basato su quello usato per War of the Lions), è stato come rivivere quella storia per la prima volta. C’è una scena in particolare, di cui non farò spoiler, che mi ha fatto venire la pelle d’oca e che all’epoca avevo vissuto passivamente. Vale per questa e per molte altre, come quella che segna per sempre i destini di Ramza e Delita. Attenzione: il gioco non è stato localizzato in italiano e il livello di inglese richiesto è mediamente alto.
Mi sorprende che non sia stata riarrangiata la colonna sonora, come spesso fa Square Enix con altre remaster. L’OST di Final Fantasy Tactics, firmata da Hitoshi Sakimoto, è splendida e lui stesso è cresciuto molto come compositore negli anni. Una sua rivisitazione avrebbe giovato a The Ivalice Chronicles, anche se l’originale resta ancora oggi di altissimo livello.
L’interfaccia di gioco è stata rivista e resa più chiara e intuitiva, anche se l’unico appunto riguarda la decisione di mantenere invariati i volti dei personaggi nei box di dialogo. Bella l’idea di muovere la bocca, ma i disegni di Akihiko Yoshida avrebbero meritato un riadattamento: tolti alcuni volti molto caratteristici, spesso si fa confusione tra personaggi maschili e femminili per via delle troppe somiglianze.
Molto buone le quality of life introdotte: possibilità di velocizzare le azioni, autosalvataggi, migliore gestione della camera, nuovi livelli di difficoltà (facile e difficile) e, infine, la possibilità di avere fino a 50 unità.
Concludo con un’ultima chicca: l’aggiunta della sezione Chronicles (in passato Brave Story). Per chi non la conoscesse, si tratta di un compendio simile a quello visto in Final Fantasy XVI, accessibile dal menu principale, che raccoglie informazioni aggiornate su personaggi, eventi, termini e regni coinvolti in questa intricata vicenda politica. Da FFXVI è stato ripreso anche lo “State of Realm”, che mostra in tempo reale lo stato dei regni in guerra e la loro evoluzione nel corso della storia. Grande delusione invece per le tre Sound Novel presenti originariamente solo nella versione giapponese del 1997. Sono storie molto slegate dalla trama principale, al punto che potrebbero appartenere a qualsiasi Final Fantasy, talmente sono generiche. Inoltre, hanno un avanzamento del testo lentissimo: per chi legge velocemente è difficile seguirle, senza contare che sono piuttosto lunghe e richiedono più tentativi se si compiono scelte sbagliate.
Tirando le somme, Final Fantasy Tactics The Ivalice Chronicles rappresenta, a mio avviso, un’occasione mancata per Square Enix e per il team di sviluppo, che avrebbero potuto offrirci la vera edizione definitiva del gioco. Questo non significa che lo giudichi negativamente, anzi: le novità introdotte restano valide e, in particolare, il doppiaggio ha donato all’opera di Matsuno una seconda vita, meritata e perfettamente attuale. Per i nostalgici più legati al passato c’è comunque l’opzione Classic, che permette di rivivere il titolo esattamente com’era nel 1997. Ciò che condanno maggiormente è l’omissione dei contenuti extra della versione War of the Lions, non tanto per il loro valore in sé, quanto perché Tactics avrebbe beneficiato di ulteriori contenuti.
Resta comunque il fatto che Final Fantasy Tactics sia un capolavoro senza tempo, capace di offrire una storia straordinaria, personaggi indimenticabili e un gameplay che ancora oggi ha molto da insegnare al genere. Che siate appassionati desiderosi di rigiocarlo o nuovi giocatori alla loro prima esperienza, questa edizione è un passaggio obbligato. Non ve ne pentirete.