Una delle caratteristiche più romantiche ed affascinanti dei Final Fantasy risiede nei mondi che li caratterizzano. L’ampiezza di possibilità che questi offrono, da sempre ha rapito il cuore e l’attenzione degli appassionati, spingendoli, a più riprese, a mettere da parte le varie storie principali per dedicarsi anche a folli esplorazioni, alla ricerca di tesori, di segreti e di quest secondarie. Un elemento centrale in tutto questo restano i cosiddetti “minigiochi”, curiose attività che in molti casi spingono ad un impegno maggiore rispetto a tutto il resto, arrivando a porsi anche come pessimi ricordi o traumi, soprattutto nella mente e memoria dei più caparbi. Nel corso degli anni la loro presenza è diventata qualcosa di più di un semplice svago laterale, è diventata un elemento caratterizzante dello stile di questi videogiochi, nonché un criterio imprescindibile d’interazione e dell’universo ideologico-percettivo intorno alla serie stessa.
La vita nei mondi di Final Fantasy
All’avvio di un Final Fantasy un appassionato riesce già ad immaginare quello che gli si prospetterà, almeno un minimo, davanti. Solitamente si parla di storie avvincenti, anche estremamente forti per certi versi, ambientate in universi narrativi sviluppati anche nel profondo. E’ proprio questo disegno d’insieme ad alimentare la fascinazione generale dei primi approcci, il fatto di sapere che ci si muoverà in mondi anche vasti in cui poter interagire non soltanto con le vicende principali di trama, ma anche con tutta una serie di “regole” particolari ad identificare tutto il resto, tutto ciò che ci circonda. In moltissimi casi sono proprio i minigiochi contenuti all’interno dell’avventura ad alimentare ancor di più questo genere di situazioni. Non si parla, dunque, soltanto di piccolezze, o di sfide segrete estreme, ma anche di veri e propri microcosmi con cui interagire ed imparare a convivere, si parla di un’esperienza aggiuntiva all’interno della struttura di gioco. Da tutto ciò il termine stesso ad identificarli.
Nel corso degli anni i vari Final Fantasy (con annessa Square Enix, ovviamente) hanno saputo implementare egregiamente questo genere di dinamiche, finanche arrivando a disegnare delle vere e proprie “strade separate” in cui gli appassionati sono andati silenziosamente a perdersi, sviluppando una certa propensione verso di loro. I minigiochi, però, non rappresentano soltanto questo, riuscendo ad arricchire anche tutto ciò che li circonda, specialmente quando sono strutturati alla perfezione, divenendo un elemento fondamentale e riconoscibilmente legato delle dinamiche intorno alla nostra avanzata. Il fatto di poter interagire con ogni cosa, arrivando anche ad imbastire delle vere e proprie sfide laterali, approfondisce il realismo generale e la credibilità, consentendo un’immersione ancora più totale.
Alcuni di essi, poi, sono riusciti addirittura, in alcuni frangenti, a distaccarsi dai capitoli di appartenenza, arrivando a costruirsi una propria fama e visibilità. Il Triple Triad di Final Fantasy VIII ne è un’esempio palese. Si tratta di un semplicissimo gioco di carte, che però, da un lato alimenta la voglia di collezionare dei fan e la loro competitività, e dall’altro spinge ad esplorare il mondo di gioco in lungo e in largo, confrontandoti coi personaggi lungo la strada, e rappresentando, di per sé, un vero e proprio viaggio laterale. Il fatto di poter parlare con tutti nelle città e di avere la tangibile possibilità di confrontarti con loro attraverso queste carte, amplifica ulteriormente l’idea di “vita” lungo i sentieri e le strade. Inoltre esiste un gioco per mobile interamente dedicato al Triple Triad e a tutti i suoi appassionati.
Altri minigiochi, invece, sono stati implementati all’interno della stessa struttura di avanzamento del giocatore, divenendo tasselli centrali nell’ottenimento, ad esempio, delle armi finali dei vari personaggi. Final Fantasy X è un esempio perfetto di questa cosa, offrendo una pluralità di sfide extra (zaffa chocobo, i fulmini da evitare nella Piana dei Lampi, la cattura delle farfalle…), anche parecchio frustranti, obbligatorie da affrontare per l’ottenimento degli oggetti suddetti. Prendendo sempre ad esempio quest’ultimo capitolo è necessario parlare anche del Blitzball, arrivando a definirlo come vera e proprie esperienza a sé stante. Nel corso di tutta l’avventura questo sport ci viene narrato come anche centrale all’interno delle dinamiche narrative, per poi divenire, in seguito, un qualcosa di liberamente sviluppabile a nostra scelta.
Non soltanto quindi una forma d’intrattenimento distaccata, ma un qualcosa che è necessario tenere d’occhio nel corso dell’avventura, specialmente quando si parla di “assumere giocatori per la propria squadra”. Ancora una volta, quindi, Final Fantasy dimostra di saper rimescolare e fondere egregiamente le proprie carte, fornendo un qualcosa di aggiuntivo che torna continuamente nel mondo di gioco, divenendo non soltanto divertimento extra ma vero e proprio simbolo della cultura che si sta respirando.
Certamente questo genere di dinamiche interattivo-narrative, restano uno dei lati più preziosi a disegnare questi videogiochi, con la possibilità di fare tantissimi altri esempi in merito: guarda Final Fantasy 9 con le sue aste (tipiche e distintive dell’ambientazione urbana in cui compaiono), o col Tetra Master, o con il Chocobosco, oppure Final Fantasy 7 con il Gold Saucer (un gigantesco contesto che genera al contempo meraviglia e disgusto per ciò che realmente rappresenta) e tanti altri… Senza mai dimenticare che non si parla semplicemente di “cose extra da fare” ma di elementi atti ad approfondire e dinamizzare ogni cosa. E’ proprio questa la differenza tra un semplice “minigioco” aggiuntivo e casuale ed il modo in cui vengono implementati qui. E’ anche nello spessore particolare di queste interazioni che l’amore dei fan ha continuato germogliare, costruendo le radici dell’attuale percezione della serie.
Rabbia, amore e confronto fuori dallo schermo
L’amore verso i vari Final Fantasy inoltre, col tempo ha travalicato i limiti della dimensione videoludica, arrivando a toccare dinamiche sociali esterni. Con internet, poi, questa cosa si è triplicata a dismisura, fornendo la possibilità agli appassionati non soltanto di parlarne insieme, ma anche di confrontare le proprie singole esperienze, chiedendo magari consigli ai veterani della serie. Ecco che i minigiochi e le sfide più toste di questi titoli sono diventanti anche qualcosa di più, qualcosa di esterno che si fonde con il “bisogno comunicativo” insito nell’essere umano, nonché espressione diretta di un tipo di confronto che unisce e divide divenendo anche espressione emotiva e personale.
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