L’annuncio di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin non venne accolto esattamente bene, non tanto per la natura del progetto in sè, quanto per l’esecuzione tecnica con cui venne mostrato per la prima volta. 3 personaggi maschili apparentemente provenienti dal nostro mondo innestati nel mondo di Final Fantasy 1 con il solo obiettivo di debellare l’entità Chaos dal mondo. Una reintepretazione, apparentemente, delle origini di Final Fantasy.
Nel corso dei mesi successivi, diverse demo (tre in totale, se contiamo quella rilasciata settimana scorsa) vennero pubblicate per ricevere quanti più feedback possibili dai giocatori e poter ottimizzare al meglio l’esperienza di gioco prima dell’uscita ufficiale. Un modus operandi che, per questo specifico caso, possiamo già affermare che ha avuto i risultati sperati. Il gioco infatti è notevolmente migliorato rispetto le prime demo, con diversi equilibri e delle piccole migliorie tecniche.
La vera domanda è, cosa deve aspettarsi un fan di Final Fantasy da un gioco come Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin? Cerchiamo di rispondervi attraverso questa recensione.
Chaos Narrativo
Come anticipato a inizio articolo, Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin (da qui in poi SoP), cerca all’apparenza di reinterpretare gli eventi del primo FF con dei nuovi personaggi e una nuova cronologia degli eventi. Senza spoilerare, possiamo dire che la realtà dei fatti si dimostrerà quasi sin da subito diversa. C’è un motivo molto particolare per cui il protagonista Jack, con i suoi compagni Jed e Ash (seguiti in futuro da Neon e Sophia) sono lì in quel mondo a cercare di replicare le gesta dei Guerrieri della Luce, ovvero recuperare i cristalli principali (vento, fuoco, terra e acqua) e sconfiggere Chaos.
Il problema della trama di SoP è che non regge, è scritta male e raccontata peggio. I dialoghi sono terrificanti, resi peggiori per via di una non ottimale localizzazione in italiano, i personaggi sono caratterizzati male (se non addirittura non caratterizzati proprio) e gli eventi si susseguono quasi in maniera casuale. Molte dei misteri della trama oscura di SoP sono nascoste nelle descrizioni delle missioni e nei testi collezionabili sparse lungo i vari dungeon del gioco, ma anche leggendoli tutti e avendo una comprensione universale degli intenti degli scrittori del gioco, non si capisce perchè si sia arrivati a pensare ad una storia del genere, sebbene delle potenzialità sembravano potessero esserci.
Inoltre, la dicotomia Jack/Garland fortemente sponsorizzata nei vari trailer e materiali pubblicitari acquisirà senso solo alla fine del gioco e, purtroppo, tutto avviene in maniera forzata e gestita in malo modo.
In compenso, l’ultimo filmato finale del gioco vi darà soddisfazione, specie se siete grandi appassionati di FF e in particolar modo del primo capitolo.
Final Nioh Fantasy
Per chi non lo sapesse, il team di sviluppo dietro SoP: FFO è il Team Ninja, ovvero gli autori di Nioh, una serie hardcore uscita su PS4 e PS5 che in parte richiama diverse meccaniche dei soulslike (per intenderci, i giochi simili a Dark Souls). La realtà dei fatti è che di Dark Souls, Stranger of Paradise, non ha assolutamente nulla, mentre Team Ninja non ha mai cercato di nascondere notevoli elementi ispirati e/o presi da Nioh. La struttura del gioco, ovvero quella a livelli, è chiaramente quella così come alcuni elementi di interfaccia o gestione dei drop.
All’inizio può sembrare straniante, ma non possiamo negare che la formula funziona e che da giocare SoP è un’esperienza incredibilmente soddisfacente.
Il primo elemento caratteristico è il job system, ovvero la possibilità di far cambiare Job a Jack ai suoi compagni a seconda delle necessità. Parliamo di quasi 30 job da sbloccare man mano facendoli salire di livello, con la possibilità di utilizzarne due alla volta e cambiare rapidamente durante una combo o tra un’abilità speciale e l’altra. Solo questo aspetto rende il gioco molto meno banale di quello che si può pensare, anche perchè ogni job ha ovviamente le sue caratteristiche parametriche, con possibilità di usare armi differente e abilità differenti. Non pensate però che ci siano Job più forti di altri, perchè tutti sono pensati ad adattarsi ad ogni stile di gioco e soprattutto danno grande enfasi agli scontro corpo a corpo, anche il celebre mago bianco. Trovare la sinergia perfetta tra due job richiede tanti esperimenti e tante prove, ma una volta trovato il divertimento è assicurato.
I livelli sono piuttosto lineari, con qualche bivio per cercare qualche cassa e qualche drop, ma vista la quantità di quest’ultimi lasciata da vari nemici è così spropositata rende di fatto inutile esplorare i vari dungeon, rispetto al concentrarsi sui combattimenti e sull’ottenere equipaggiamenti sempre migliori e più efficaci. Per far fronte a questa quantità enorme di drop è stata pensata la presenza di un’officina dove scomporre gli equipaggiamenti inutile e ottenere materiali per potenziare quelli migliori. Questo crea una situazione paradossale, perchè durante tutta la campagna non avrete mai la necessità di potenziare il proprio arsenale visto che ad ogni dungeon lo cambierete almeno 7-8 volte. Motivo per cui non presterete neanche cura ad equipaggiare con attenzione i vostri personaggi, ma vi limiterete a spammare il tasto ottimizza che si occuperà in maniera automatica di attrezzarvi con le armi e armature migliori.
Tutto questo aspetto di build e customizzazione dei personaggi avrà senso solo nell’endgame, rappresentato dalla modalità caotica che evolve sensibilmente il gameplay e che rappresenta un vero e punto di svolta per chi vuole affrontare delle sfide davvero soddisfacenti e ardue. Il Job System infatti verrà ulteriormente approfondito con un nuovo livello di evoluzione dei singoli job e con la possibilità di crearsi degli equipaggiamenti atti a massimizzare le prestazioni di ogni classe. Ottenendo infatti un’affinità del 400% tra equipaggiamento e classe, si sbloccheranno dei parametri e delle abilità nascoste che cambiano notevolmente le carte in tavola da chi vuole godere delle potenzialità del sistema di combattimento del gioco.
L’unico problema dell’endgame è che è rilegato al rigiocarsi la campagna a difficoltà massima, senza nuova sfide e senza novità di sorta. Le nuove sfide arriveranno con i due DLC compresi nel season pass, uno dei quali è Bahamut, che nel primo FF aveva un ruolo ben preciso e lo avrà altrettanto in SoP.
C’è anche una componente multiplayer online dove potrete giocare come ospiti nelle partite di altri giocatori (interpretando un membro del suo party) o creare una stanza e fare voi da host. Chiaramente il livello di difficoltà si abbassa sensibilmente, ma risulta efficace nell’ottica di farming delle anime, ovvero oggetti che velocizzano il livellamento dei job (e che nell’endgame è incredibilmente lento).
Chaos Tecnico ed estetico
Graficamente il gioco lascia abbastanza a desiderare, non solo dal punto di vista meramente tecnico, tra aliasing e palette di colori e saturazione opinabile, ma anche dal punto di vista estetico derivato dalla direzione artistica, davvero troppo anonima e poco caratteristica per un gioco che vuole omaggiare la serie di FF, specie il primo che lo ricordiamo tutti molto colorato. Lo si nota soprattutto nella cura dei dungeon, dove 15 di questi sono presi direttamente dai FF principali che vanno dall 1 al 15. Oltre alla decisione opinabile sulla scelta di determinati dungeon rispetto ad altri (vedi il Monte Gagazet da FFX o Sastasha da FFXIV), questi sono quasi irriconoscibili a una prima occhiata, anche per i più grandi fan ed esperti della serie.
Discorso diverso sulle musiche, chiaramente riarrangiate e contestualizzate al dungeon e funzionali a fare da sottofondo durante il nostro progredire nell’avventura.
Giudizio Caotico
Stranger of Paradise: Final Fantasy Origins è un gioco difficile da giudicare e da valutare, perchè fonde due anime quella dell’action alla Nioh e quella di Final Fantasy, creando un ibrido molto strano che fa pendere la bilancia da una parte o dall’altra a seconda di quello che si ricerca nel titolo. Per gli appassionati di Final Fantasy, il lavoro di omaggio richiesto è sicuramente insufficiente sia sul fronte narrativo che sul fronte fan service. Per gli appassionati degli action game invece il gioco, per quanto grezzo e migliorabile, è indiscutibilmente forte e soprattutto divertente. Nelle 30 ore richieste per completare la storia, il gioco non annoia mai e mette in campo anche un paio di sfide contro i boss piuttosto interessanti (anche se alcune un po’ squilibrate). La speranza è che il gioco possa vendere il giusto per giustificare una sorta di seguito (diretto o spirituale che sia), perchè siamo certi che forti delle criticità e dei feedback di questo primo esperimento potrebbe uscire un gioco sicuramente più curato e raffinato. Questo per dirvi che si, date una possibilità a SoP: FFO, soprattutto grazie alla demo disponibile che vi permetterà eventualmente di trasferire il salvataggio. Potrebbe sorprendente divertirvi.
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