Ci tengo subito a fare una premessa che, per quanto noiosa e ripetuta più volte qui su FFonline, è troppo importante per quello che andrete a leggere: Final Fantasy VII è stato il titolo che indiscutibilmente ha rappresentato per me un momento di cambiamento. Esiste un Jgor Masera prima e dopo Final Fantasy VII. E soprattutto, può sembrare un paradosso, ma se sono qui oggi a scrivere una recensione di Final Fantasy VII Rebirth, dopo due eventi di anteprima (di cui uno a Londra) invitato dalla stessa Square Enix è proprio merito di Final Fantasy VII (vi risparmio tutta la storia).
Ve lo anticipo, sarà una recensione molto colloquiale e meno analitica, perché è difficile valutare un gioco come FFVII Rebirth rimanendo distaccati e obiettivi, ma d’altronde qui su FFonline siamo a casa mia e posso pertanto prendermi maggiori libertà e comodità che su Gamesource (dove trovate la recensione del buon Luca Grasso, che vi invito assolutamente a leggere) non mi prenderei.
Ricordo ancora quella notte di quattro anni fa quando finii Final Fantasy VII Remake per la prima volta. La rabbia e il dolore che provai per quel capitolo 18 che ancora oggi difficilmente riesco ad accettare. Però si sa, il tempo lenisce tutte le ferite e con l’annuncio di Rebirth ho imparato a metabolizzare il finale del Remake cercando di essere più ottimista e abbracciando l’idea che, magari, con il sequel avrei potuto capire meglio cosa volesse fare il team di Square Enix con questo progetto di rifacimento dedicato a Final Fantasy VII. Rebirth dà una risposta concreta a quei dubbi e a quelle perplessità nate quattro anni fa, solo che stavolta la rabbia e il rancore si sono trasformati in amarezza e delusione. Ma volete sapere cosa fa davvero male? Che tutto ciò che io trovo terribile e sbagliato in questa opera sia stata inserita dentro a uno dei Final Fantasy più belli di sempre. Anzi, vi dirò di più, dentro a uno dei JRPG moderni più belli di sempre.
Si lo so, sto facendo affermazioni troppo grandi senza poco contesto, ma ci arriverò, promesso.
Per anni, dopo la tanto discussa fusione tra Squaresoft ed Enix, ho sempre lottato duramente per affermare che quello che rende Final Fantasy un Final Fantasy è tutta questione di forma e non di sostanza. Non erano i turni, non erano i minigiochi, non era l’esplorazione delle città a rendere tale un Final Fantasy, ma bensì i temi trattati, l’iconografia, il simbolismo e gli elementi iterativi che hanno caratterizzato la serie nel corso degli anni. Sono gli stessi motivi per cui ho voluto premiare Final Fantasy XVI l’anno scorso così come ho sempre elogiato ed elevato i due capitoli online (XI e XIV) come tra i migliori esponenti del nuovo corso.
Final Fantasy VII Rebirth, però, mi ha fatto riflettere e, sebbene non rinnego nulla di quanto scritto pocanzi, è si vero che qualche passo indietro me lo ha fatto fare. Rebirth mi ha riportato indietro nel tempo, facendomi riscoprire la bellezza di una world map da esplorare, di città vive di npc con cui interagire, negozi in cui rifornirmi, attività secondarie di grande intrattenimento e soprattutto dei minigiochi con cui svagarmi con ricompense che premiavano il tempo investito. Rebirth mi ha ricordato quell’aspetto di Final Fantasy che ho, e abbiamo, amato per anni e che ho dato sempre per scontato. Final Fantasy è ANCHE quella roba là, e Rebirth te lo schiaffa palesemente in faccia dandoti in mano un classico Final Fantasy realizzato con le tecnologie di oggi.
Final Fantasy non si è mai inventato nulla (o quasi) nel genere dei JRPG, semmai bisogna dargli atto di essere stato il grande pioniere nel far arrivare il genere alla massa, trasformando i suoi titoli in produzioni gigantesche che altri JRPG potevano solo sognare. Final Fantasy VII Rebirth è esattamente quello: indiscutibilmente il più bel JRPG dei tempi moderni, con un valore produttivo che semplicemente non ha eguali con altri titoli simili.
FFVII Remake in parte faceva qualcosa di simile, ma Rebirth ha alzato l’asticella in un modo che non potete neanche immaginare. Sebbene io trovi FFVII Remake nel complesso un prodotto emotivamente molto più di impatto, (causa l’aver giocato a FFVII OG), il suo valore non va oltre quello di un mero prologo all’interno dell’economia del progetto Remake, che con Rebirth ha finalmente iniziato a delinearsi. Avete presente ciò che rappresenta Metal Gear Solid V Ground Zeroes per Metal Gear Solid V The Phantom Pain? Ecco, stessa cosa.
Arrivati a questo punto (e se siete arrivati, grazie, significa che apprezzate ciò che scrivo) vorrete però sicuramente avere un po’ di dettagli e impressioni sul gioco, quindi è tempo di parlare della ciccia. Ovviamente, senza spoiler, state tranquilli.
I personaggi
Avevo già parlato nella recensione di Final Fantasy VII Remake come il lavoro sui personaggi di questa storia li avesse resi incredibilmente umani e tridimensionali nella loro caratterizzazione e mi sento nuovamente in dovere di ribadire questo concetto anche per quanto riguarda Rebirth. Anzi, qui lo sforzo è stato anche moltiplicato visto che il numero di personaggi coinvolti è sensibilmente raddoppiato e non mi riferisco solo al cast principale, ma anche a tutti gli altri soggetti che popolano i villaggi, antagonisti e non. Pazzesco soprattutto il lavoro fatto su alcuni personaggi, che nell’originale erano NPC con giusto un paio di linee di dialogo e che ora prendono vita guadagnando un ruolo molto più di spicco rispetto all’interno della storia.
Al party di Cloud si aggiungono Yuffie, Red XIII e Cait Sith. Tre personaggi sensibilmente diversi che però arricchiscono ancor di più la varietà del gruppo grazie alle loro forti e spiccate personalità. Yuffie soprattutto si è rivelato un vero e proprio gioiello, in assoluto il personaggio che più ho preferito e che mi trasmette sempre positività e felicità quando una scena o un dialogo la vedono coinvolta.
Red XIII è forse quello che inizialmente lascia un po’ spiazzati una volta raggiunto un certo punto del gioco. Il suo cambiamento è perfettamente sensato e già spiegato al tempo nell’originale, ma visto che al tempo il gioco non era doppiato, viverlo ora in Rebirth ha sicuramente un effetto differente. Cait Sith invece è esattamente come me lo immaginavo nella testa nel lontano ’97.
Ci sarebbe la parentesi su Cid e Vincent, che però qui hanno avuto la medesima funzione di Red in FFVII Remake e quindi rimangono marginali. Avrei preferito vederli più coinvolti e presenti, perché la loro assenza da alcune dinamiche ed eventi l’ho percepita un po’ forzata, soprattutto quella di Vincent. Resto comunque molto fiducioso per come li tratteranno in parte 3.
Il focus però va tutto a favore di Cloud, Tifa e Aerith, per motivi che possono sembrare ovvi, ma nemmeno così tanto visto che in questo triangolo amoroso entrano in ballo delle dinamiche piuttosto nuove e mai affrontate prima. L’amicizia tra Tifa e Aerith risulta un po’ banale e infantile, ma ha senso considerato il passato delle due ragazze e, diciamoci la verità, fa anche un po’ di bene al cuore di chi le vede continuamente ridacchiare e darsi il dieci. Cloud invece rimane il complesso personaggio che avevamo già visto nel Remake, anche se qui potrebbe risultare più fastidioso e odioso per via dell’influenza che ha Sephiroth su di lui.
Vorrei parlare e approfondire di come il personaggio di Sephiroth è stato trattato qui in Rebirth, ma il problema è che non ha senso farlo fino a che non si avrà la completa visione d’insieme di tutti e tre i giochi. Se poi volete un parere rapido e veloce allora il mio commento è: no, non mi è affatto piaciuto. Troppo presente, troppo asfissiante, troppo enigmatico. Non è il Sephiroth che ho tanto adorato nell’originale.
Discorso relazioni
Nel gioco Cloud può impegnarsi per migliorare o meno le proprie relazioni con il resto del party (tranne che con Cait Sith) completando delle quest specifiche oppure prendendo delle scelte in svariati momenti della storia o, ancora, scegliendo come rispondere durante alcuni dialoghi extra. Nulla di tutto questo impatta sulla storia principale, ne ha effetti particolari sul gameplay o in combattimento. Lo sottolineo perché durante le fasi di anteprima mi sono accorto che qualcuno ha fatto un po’ di confusione e sono uscite quindi alcune informazioni non del tutto precise.
L’unico vero effetto che ha questa meccanica è quella di stabilire chi apparirà in due particolari scene del gioco. Una di queste è il famoso appuntamento del Gold Saucer, ma non dirò altro.
Il mondo di gioco
In Final Fantasy VII il pianeta su cui ci muoviamo è parte integrante della storia al pari di tutti gli altri personaggi, quindi non c’era modo migliore per rispettarlo e onorarlo realizzandolo in scala 1:1 con l’originale.
Appena si mette piede per la prima volta nell’open world di Rebirth, si viene travolti da un’emozione di meraviglia che pochi giochi al mondo sanno regalare. Ci sono stati tanti open world a cui ho giocato e che hanno delle ambientazioni meravigliose, ma nulla mi ha sconvolto come quello che mi è stato presentato qui.
Ci sono 6 regioni disponibili che partono dalle Grasslands di Kalm fino alle terre di Nibel, ognuna caratterizzata da flora e fauna uniche e distintive. Ciascuna di queste regioni poi ospita una o più città/villaggi realizzati con una cura quasi maniacale, a cui si aggiungono decine di NPC con cui interagire e altrettanti luoghi e punti di interessa da visitare. Se pensate che l’immaginazione che avevamo da ragazzi nel ’97 quando giocavamo a FFVII OG non si potesse battere, beh dovrete presto ricredere perché il mondo esplorabile di Rebirth vi lascerà praticamente senza fiato.
Chocobo, ma non solo
Muoversi nel mondo di FFVII Rebirth è semplicemente meraviglioso, ma la cosa più incredibile è che questa esplorazione cambia di regione in regione. Mi sto riferendo ovviamente ai Chocobo, che qui hanno ottenuto l’importanza che meritavano, tanto quanto nell’originale. Dimentichiamoci l’allevamento e l’accoppiamento, dell’ OG, qui ogni regione ha il suo tipo di Chocobo e ciascuno con le sue peculiarità distintive. I chocobo di base vi verranno forniti quando lo prevedrà la trama o dovrete catturarli voi attraverso un piccolo minigioco stealth. Una volta ottenuto il Chocobo, sarà il vostro destriero per girare la mappa in lungo e in largo. Ovviamente, il primo che otterrete vi permetterà semplicemente di attraversare la mappa velocemente, ma dalla seconda regione in poi inizierete a scoprire volatili con abilità sempre più uniche. A Junon, ad esempio, il vostro Chocobo Nero potrà scalare alcune pareti, a Gongaga potrà saltare su dei funghi, a Cosmo Canyon potrà planare e, infine, quello a Nibel potrà nuotare e usare getti d’acqua per darsi la spinta. Tutte abilità necessarie per raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili.
Si, come già anticipato dai trailer, ci sono anche la Buggy e il Tiny Bronco per muoversi via terra e via mare, ma se la prima è molto limitata ad una sola regione e senza particolari attributi – se non quella di essere probabilmente l’ambientazione più bella di tutto il gioco – il secondo arriva troppo tardi ed è limitato a solo un paio di attività secondarie senza particolari guizzi creativi che ne giustificano un utilizzo più massiccio. Restano comunque due mezzi bellissimi e affascinanti che spero vengano ripresi nella parte tre.
Una caterva di attività secondarie
Nella mia anteprima a Londra ho espresso una certa paura per tutta questa ostentazione del grande e della troppa roba da fare. Io stesso ho pensato che non sarei mai riuscito a finire tutto entro la data d’embargo della recensione perché il gioco mi sembrava troppo grosso e con troppe cose da fare. Ed è effettivamente così. Solo che, fortunatamente, mi sono reso che molti dei contenuti proposti in ogni regione sono abbastanza mordi e fuggi e si consumano in tempo zero, senza però essere mai banali in termini di ricompensa e premiando sempre il tempo investito. Certo, io avrei evitato una certa ridondanza e ciclicità di alcune attività secondarie, tipo la caccia agli oggetti sul Chocobo, i cristalli per gli Esper o le fonti del flusso vitale. Averne messe una o due per regione avrebbe sicuramente reso più snello il tutto, ma alla fine dei fatti non mi sono mai annoiato a completare al 100% ogni singola regione, anzi.
Alcune attività, soprattutto quelle inerenti a Gilgamesh e le vestigia, risultano anche particolarmente interessanti non solo portano avanti una sotto trama molto divertente, ma ogni ciclo di missioni varia da regione a regione.
Ecco, magari avrei evitato le missioni delle torri in stile open world Ubisoft: sono aggiunte che ritengo abbastanza superate e vecchie per un gioco del 2024, ma soprattutto quando il gioco ti segnala esattamente con un indicatore le cose da farle e dove farle fa perdere un po’ la magia della scoperta. Probabilmente una via di mezzo che avrebbe accontentato tutti c’era, ma si è preferito giocare sul sicuro. Accettiamolo e speriamo vada meglio con la parte 3.
Però, ehi, non vi preoccupate: non ci sono solo attività da checklist da portare a termine per pulire le varie aree, ci sono anche diverse sfide e chicche anche all’interno di location e città che davate per scontato, per non parlare dei minigiochi.
I minigiochi
Se avete visto tutti i trailer e gli approfondimenti pubblicati su FFVII Rebirth una cosa che sicuramente vi è balzata sotto gli occhi è la quantità incredibile di minigiochi proposti all’interno di quest’opera. Sappiate però che quello che avete visto non è assolutamente niente di fronte alla mole di minigiochi proposti da FFVII Rebirth e alla loro qualità. È semplicemente folle e fuori da qualsiasi livello di aspettativa qualcuno potesse aver mai immaginato. Sono stati fatti minigiochi per ogni tipologia e zona e se pensate che tutto questo sia stato inserito solo ed esclusivamente al Gold Saucer (patria dei minigiochi per eccellenza) allora non avete idea di cosa avrà da offrire per voi Costa Del Sol, un luogo che originariamente era solo di passaggio dopo gli eventi della nave da Junon.
Quando giocherete, godeteveli e investiteci del tempo: vi assicuro che il gioco vi ricompenserà a dovere con dei premi succosi e, se non vi dovesse bastare, in un secondo momento Rebirth rincarerà la dose con delle sfide extra di livello più difficile con nuovi premi da ottenere. Meraviglioso.
Ovviamente, Queen’s Blood è il fiore all’occhiello di questa produzione. Se non sapete di cosa sto parlando, mi riferisco al gioco di carte realizzato appositamente per questo Rebirth. Un gioco che strizza l’occhio al Gwent di The Witcher con un po’ di Triple Triad/Tetra Master da FFVIII e IX. Devo essere sincero, all’inizio mi era un po’ insipido, ma giocando alcune partite e comprando o vincendo le prime carte, creandomi il mio mazzo personalizzato ci ho preso gusto e ammetto che in breve tempo è diventato un’assuefazione. Mai e poi mai raggiunge i livelli di un Triple Triad, ma ci è andato molto vicino.
Ah, e come dimenticarsi delle corse con i Chocobo? Qui sono molto meglio dell’ultimo Chocobo GP, a mani basse.
Progressione e sistema di combattimento
Penso siamo tutti d’accordo che il sistema di combattimento adottato in FFVII Remake e ulteriormente migliorato con l’introduzione degli attacchi sinergici in Intergrade rasentava la perfezione, ibridando di fatto la turnazione dell’ATB con l’azione classifica fatta di combo, schivate, difesa e contrattacchi. Sarebbe stato stupido cambiarlo o ritoccarlo anche in Rebirth, quindi ci si è limitati a pulirlo e ottimizzarlo nei suoi aspetti un po’ più critici, come ad esempio i combattimenti aerei che ora si gestiscono molto meglio con l’introduzione addirittura di alcuni comandi proprio mentre si è a mezz’aria.
La vera novità è scaturita dall’introduzione di personaggi come Red e Cait Sith, il primo basato fortemente sui contrattacchi, mentre il secondo sulla gestazione del Moguri da evocare e su attacchi basati sulla fortuna e il potenziamento del party. Trovo sempre affascinante il lavoro sulla caratterizzazione che hanno fatto anche sul fronte dello stile di combattimento, rendendo di fatto tutti i personaggi sempre diversi e adatti a qualsiasi situazione.
Impressionante anche la mole di attacchi sinergici creati ad hoc per ogni possibile accoppiata del gioco, con effetti e praticità uniche, mai finalizzate al mero danno, ma che comportano sempre qualche bonus extra come barra del Limite caricata o uso di magie temporaneamente senza costo di PM o, ancora, divisione della barra ATB da due a tre segmenti.
Ma la vera domanda è: c’è modo di sfruttare questo combat system a dovere? La risposta è si, a patto di giocarlo a difficoltà standard o (mio consiglio) avanzata. La modalità avanzata è una sorta di upgrade alla modalità standard, con la differenza data dal fatto che i mostri livellano con Cloud, ergo avrete sempre un livello di sfida adeguato al vostro.
Non è solo questione di difficoltà ovviamente, perché c’è stato un grandissimo lavoro di design sui mostri. Mi riferisco in particolare alle boss fight e ai mostri delle cacce. Ciascuno ha modi unici con cui entrare in tensione e successivamente in stato di stremo, che è il metodo migliore per uccidere velocemente i nemici. Alcuni sono così originali che il mio consiglio è davvero quello di analizzare tutti i nemici del gioco per scoprirli tutti.
Menzione obbligatoria alle nuove materia aggiunte nel titolo che permettono di dare maggior valore e qualità alle vostre build, specie grazie alle nuove materia che permettono in buona parte di automatizzare i personaggi del party che non usate. Non sono dei gambit, ma gli effetti sono tangibili. Qualora questo non fosse abbastanza, ad arricchire le vostre opzioni in combattimento c’è un sistema simil sferografia di FFX dove apprendere nuove sinergie e abilità passive, mentre attraverso il livello delle armi (espandibile con i manuali già visti nel precedente capitolo) otterrete altri potenziamenti da affiancare al vostro stile di gioco per ciascun personaggio.
Riscrittura degli eventi originali
Se c’è una cosa che ho adorato di Remake è stata la sua capacità di riproporre gli eventi dell’originale impreziosendoli di approfondimenti, dialoghi e in molti casi anche una riscrittura generale più massiccia. Rebirth fa le stesse cose con la medesima qualità, sebbene qui si sente forse più il peso di qualche annacquamento. Si, è vero, anche Remake aveva un paio di capitoli completamente inventati di sana pianta e in alcuni casi scritti anche maluccio (ciao Leslie), ma qui l’unica vera roba scritta da zero sono le storie ambientate in luoghi in cui originariamente non succedeva nulla. Mi riferisco in particolar modo a Costa Del Sol, Gongaga e Nibelheim (che sembra assurdo, ma nell’OG era messa lì solo come transizione per superare il monte Nibel e arrivare a Rocket Town). Gongaga è forse quella che mi è piaciuta meno, perché mette in gioco dei temi (come le Weapon) che non ho gradito, per non parlare del ritorno dei Numen che, sinceramente, speravo di cuore fosse un capitolo chiuso. Ma ne riparleremo a breve.
Nel complesso il lavoro di riscrittura non solo della storia, ma degli eventi in generale, mi è sempre sembrato su livelli eccellenti, al punto che roba come la parata di Junon, la storia di Dyne nelle prigioni di Corel o la storia di Nanaki (aka Red XIII) a Cosmo Canyon supera di gran lunga quanto fatto dal FFVII OG. E si, in un paio di occasioni mi sono decisamente commosso.
Menzione d’onore a Gold Saucer, che è praticamente perfetto. E intendo perfetto da 10/10.
Gli elementi della Compilation
Sono sincero: soprattutto dopo Intergrade, ho avuto una concreta paura di vedere troppi riferimenti se non una vera e propria integrazione con gli elementi narrativi della Compilation di FFVII all’interno di Rebirth. Paura dettata dal fatto che, a mio avviso, quanto fatto dalla Compilation con la trama di FFVII è semplicemente abominevole, soprattutto Crisis Core e Dirge of Cerberus sono a mio avviso qualcosa che non dovrebbe esistere nel canone di FFVII. Rebirth in tal senso mi ha sorpreso: i collegamenti ci sono, ma sono stati fatti con i guanti, mai eccessivi, sempre dosati e assolutamente accettabili.
L’unico dettaglio che ho trovato un po’ stonato è il forte legame che si è venuto a creare con Ever Crisis, nello specifico con l’arco narrativo di The First Soldier e i suoi personaggi. Il problema della connessione a Ever Crisis è principalmente uno: se non hai mai giocato a Ever Crisis (The First Soldier) non hai idea di chi siano i personaggi. Se ci hai giocato, ti becchi di fatto degli spoiler di una storia che deve essere ancora raccontata (visto che per dove siamo arrivati ora con The First Soldier, siamo ben lontani dal suo finale). È veramente strano che lo abbiano gestito in questo modo, sebbene comunque la messa in scena a suo modo funzioni e apra delle porte interessanti su quanto vedremo nella terza parte.
Comunque, per adesso siamo salvi: niente Genesis.
Le musiche
Mi sento sempre in difetto a parlare di musica in quanto non ci capisco niente e non ho nessuna competenza in materia se non tre anni di lezioni alle scuole medie con il flauto. Mi baso totalmente sul mero gusto personale quindi perdonatemi se tutto quello che posso dirvi è: le musiche di Final Fantasy VII Rebirth sono fuori parametro. Sia i brani riarrangiati dell’originale, che quelli creati ad hoc per questo capitolo sono semplicemente emozionanti, da pelle d’oca.
FFVII OG ha tra i suoi tanti meriti quello di avermi fatto scoprire come la potenza di una colonna sonora elevi notevolmente l’esperienza di gioco. La musica di Uematsu si distingue per la sua capacità di catturare l’essenza del mondo di gioco, accompagnando il giocatore attraverso un viaggio emotivo indimenticabile. La sua abilità nel tessere insieme elementi musicali classici e moderni gli ha permesso di creare una quantità indefinita di colonne sonore che non solo hanno dato identità ai giochi a cui ha lavorato, ma ha realizzato delle esperienze sonore che ti rimane impressa nella memoria ben oltre la conclusione del viaggi.
Però i meriti non vanno solo al grande Nobuo, perché esattamente come per FFVII Remake i compositori Mitsuto Suzuki e Masashi Hamauzu hanno compiuto un’impresa unica nel rimaneggiare i grandi brandi che hanno caratterizzato FFVII OG.
Questione localizzazione
Ho giocato in giapponese con i sottotitoli in italiano. Esattamente come avevo fatto a suo tempo per il Remake. Il problema qui è sempre lo stesso. Si, la localizzazione si basa sullo script giapponese, creando dunque uno stacco netto con il doppiaggio inglese che segue ovviamente lo script inglese. Il problema è che c’è stata fin troppa liberta di adattamento, ergo anche tra giapponese e sottotitoli italiani c’è una differenza sostanziale tale da renderli diversi e, nel caso dell’italiano, spesso inefficaci con il mood e il pathos di alcune scene.
Se sapete l’inglese, giocatelo con il doppiaggio in giapponese. Se sapete il giapponese, giocatelo con il doppiaggio che preferite, il mal di testa vi verrà in ogni caso.
La grafica
Quando leggerete questa recensione, sarà online da qualche ora la patch che andrà a ottimizzare la resa grafica sia della demo che della versione a cui ho giocato io. Ergo, il mio commento sul comparto tecnico in qualche modo non ha un valore concreto visto che non so in che misura questa patch andrà a migliorare la qualità dell’immagine. Lo specifico perché, per come ho giocato io, in modalità performance (privilegiando quindi il frame rate a discapito della risoluzione) il gioco ha dei problemi non indifferenti, soprattutto sul fronte delle texture e di un effetto blur troppo accentuato. Fortunatamente, i 60 FPS e la fluidità che ne deriva si notano, che è il motivo per cui tendenzialmente si preferisce questa modalità a discapito di tutto il resto.
In compenso, posso permettermi di dire che la resa generale riesce sempre a vincere e a offrire un quadro appagante, anche se si soffre terribilmente quando ci si concentra sui dettagli, soprattutto nei luoghi aperti. Impeccabili invece i modelli dei personaggi e dei mostri, così come in generale tutti i filmati pre renderizzati.
L’elefante nella stanza
La domanda che in molti si fanno dopo aver finito il remake è: ma Zack? Linea temporale alternativa? Dov’è? Che farà? Chiaramente non darò risposte a queste domande né entrerò nel dettaglio in merito al ruolo che ha nella storia, ma voglio dirvi una cosa a riguardo, perché servirà poi per affrontare l’argomento sul finale: la storyline di Zack è completamente inutile, priva di pathos o di elementi narrativi che possano risultare anche solo vagamenti interessati. Sicuramente il suo ruolo potrà trovare un senso nella terza parte della storia, ma quanto proposto in questo Rebirth è a mio avviso veramente una presa in giro che retroattivamente distrugge lo shock che la sua apparizione ha generato quattro anni fa. In una parola? Imbarazzante.
Il finale (del gioco e di questa recensione)
Non ci sono modi facili per parlare del finale di Final Fantasy VII Rebirth senza fare spoiler, ma in qualche modo lo farò. Il fatto è che se, come me, avete disprezzato con tutto il cuore il terribile capitolo 18 di FFVII Remake, sappiate che Rebirth ha replicato quella sensazione in maniera impeccabile. Ma se nel remake quello che ho odiato di più è stato il come è stata raccontata e presentata la nuova piega narrativa, in Rebirth non è solo questione del come, ma anche del cosa.
In questi quattro anni ho imparato ad accettare e a metabolizzare quanto fatto nel finale del Remake, creandomi addirittura delle aspettative su come effettivamente questa deriva potesse in qualche modo potenziare la storia di Final Fantasy VII. Ho dato fiducia al progetto di Nomura, Hamaguchi e Kitase e mi sono detto che, forse, con la chiave di lettura giusta, avrei finalmente capito e apprezzato il lavoro di ricostruzione che stavano facendo. La realtà è che no, non ci sono riusciti. Nulla del capitolo finale di questo Rebirth funziona, tutto è inutilmente confuso e disordinato, mettendo sul piatto questioni, temi e “personaggi” che non hanno mai fatto parte della narrazione di FFVII, risultando di fatto forzati e stonati.
Magari si fosse tornati a parlare di linee temporali, convergenze e robe simili, sarebbe stato davvero il meno, qui si è arrivati a livello di fan fiction infantili prive di senso logico e rispetto dell’opera originale.
Possibile che il problema sia mio e magari a molti di voi questo finale piacerà anche, ma la verità è che nessuno può togliermi di dosso il pensiero che senza tutte queste nuove derive narrative ci saremmo trovati tra le mani il remake perfetto. Remake prima e Rebirth adesso, senza questa sporcizia narrativa probabilmente avrebbe preso un sonoro 10, un dannato perfect score.
Square Enix ha dunque commesso forse il peccato più grande con Rebirth: tutto il marcio raccontato qui sopra si trova dentro uno dei più grandi Final Fantasy dell’epoca moderna. È per questo motivo che trovate quel voto in fondo della recensione, perché dargli di meno sarebbe semplicemente irrispettoso per la qualità e il valore di quest’opera. Eppure, fidatevi, vorrei che quel voto fosse molto più basso, per dare un messaggio a Square Enix e fargli capire come questa farsa non dia valore all’opera, ma semmai la danneggi.
Però, vi prego, di non fare troppo caso a questo mio giudizio sul finale, che è troppo personale e troppo legato al mio rapporto con l’opera originale. Limitatevi a godervi il grande viaggio di Rebirth e poi, una volta concluso, venite a cercarmi. Sarò felice di sentire il vostro punto di vista.
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